Regia: Jeff Orlowski
Cast: Tristan Harris, Aza Raskin, Justin Rosenstein, Shoshana Zuboff, Jaron Lanier, Skyler Gisondo, Kara Hayward, Vincent Kartheiser, Anna Lembke.
Questa volta la mia recensione riguarda un docudrama, ovvero un documentario nel quale sono inseriti dei momenti di fiction per rendere più concreto e accessibile il tema del quale si sta trattando. Si tratta di “The Social Dilemma” su Netflix che, appena uscito, ha scalato subito le classifiche dei titoli più visti sulla piattaforma. Il motivo di questo successo di pubblico è chiaro: ci riguarda tutti e molto da vicino. Non serve essere “social dipendenti” per sentirsi interessati dai temi trattati: basta avere una mail o un profilo su un solo social. Presentato al Sundance Film Festival, il film racconta il lato più oscuro dei social media attraverso le testimonianze di chi ha contribuito a rendere queste piattaforme quello che sono oggi: luoghi virtuali in grado di manipolare a livello inconscio chi li frequenta e senza destare il minimo sospetto.
Esperti del settore spiegano cosa si nasconde dietro un like, un post, un commento e il bisogno di controllare incessantemente il proprio feed. Si tratta di un algoritmo studiato per farci rimanere connessi per il maggior tempo possibile. Più restiamo collegati a un social media, più gli introiti della piattaforma aumenteranno. Qui si va oltre al concetto espresso nella frase “se il prodotto non si paga, vuol dire che il prodotto sei tu”. C’è in ballo una raccolta capillare di informazioni su di noi, sui nostri gusti, le nostre idee, il nostro tempo e i nostri comportamenti. Nel documentario viene mostrato come il “vero prodotto” sia un cambiamento graduale e impercettibile nei nostri comportamenti e nella nostra percezione.
Cosa ne penso? Consigliatissimo! Questo documentario può essere un valido supporto per aprirci gli occhi e cercare di usare di più il nostro senso critico, ad usare i social ma utilizzando la nostra testa ed essendo sempre consapevoli di questi meccanismi. La conoscenza e la consapevolezza sono, al momento, l’unica arma nelle nostre mani. Ahimé, credo che questo sia meno facile per chi è nato dopo gli anni ’90. Chi è nato prima, in un epoca senza telefonini, internet e soprattutto senza social, forse ha una chance in più di mettere in atto un comportamento più critico rispetto a chi è nato dopo il 2000. Spero, ovviamente, di sbagliarmi.
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