IDEATORE: Hwang Dong-hyuk
CAST: Lee Jung-jae, Park Hae-soo, Wi Ha-joon, Jung Ho-yeon, Oh Yeong-su, Heo Sung-tae, Anupam Tripathi, Kim Joo-ryoung, Lee Byung-hun
GENERE: azione, drammatico, thriller, distopico
PUNTATE: 9
Questo #visioselfie è dedicato alla serie coreana “Squid Game”, disponibile su Netfix, che in poco tempo è diventata un fenomeno mondiale e si capisce anche il perché. La storia racconta di un gruppo di persone disperate che rischiano la vita in un gioco mortale. Chi sopravvive e arriva alla fine, vince 45,6 miliardi di won, che più o meno equivalgono a 33 milioni di euro. Non aggiungo di più per non rovinarvi il gusto di seguire la serie.
L’autore ha iniziato a scrivere la sceneggiatura nel 2008 e pare che si sia ispirato alle difficoltà personali che ha dovuto affrontare in gioventù ma anche dalle disparità socio-economiche che vive la popolazione della Corea del Sud. L’autore, Hwang Dong-hyuk, pare abbia fatto molta fatica a trovare dei produttori per finanziare il proprio progetto, fino a quando è riuscito a proporre la serie a Netflix.
Vi avviso: la serie è in coreano con i sottotitoli ma non vi spaventate perché, in realtà, si segue benissimo. I dialoghi non sono molti e non sono molto articolati. La produzione risulta molto curata e si possono cogliere riferimenti visivi in grado di arrivare al pubblico di tutte le culture. I set e i costumi colorati sono stati progettati per sembrare un mondo fantastico. I giocatori e i soldati indossano ciascuno un colore distintivo, per ridurre il senso di individualità e sottolineare la differenza tra i due gruppi. I corridoi e le scale labirintici si ispirano alle scale quadridimensionali di Escher rivestite però di colori pop irreali. La rete di tunnel della costruzione dove si svolge l’azione e il dormitorio sembra invece ricordare un formicaio.
Cosa ne penso? Prima di tutto ti faccio una raccomandazione: non mollare alla prima puntata. Il primo episodio è un po’ lento ma poi vieni risucchiato nel vortice degli avvenimenti. Alla luce di quanto ti ho appena raccontato, è chiaro che tecnicamente la serie è molto ben fatta. La forma e la costruzione però non sono solo una bella apparenza ma sono al servizio della narrazione. E’ chiaro che il cinema e, in generale, la produzione audiovisiva coreana stia vivendo un momento di grande successo perché si sente che è al servizio di un’urgenza. C’è urgenza di raccontare, di esprimere qualcosa, di parlare del proprio mondo. Qui siamo esattamente dalle parti di “Parasite”. Se non avete visto questo film, ve lo consiglio caldamente. “Squid Game” racconta la guerra tra poveri, la miseria umana in diverse “gradazioni” di colore. Violento ma anche salvifico, in un certo senso. Un mondo dove si salva solo chi riesce a trovare un briciolo di umanità rimasta nelle profondità del fango nella quale giace sepolta la propria vita. Viene facile pensare a come spesso chi ha di meno (meno soldi, meno istruzione, meno legami affettivi) finisca per essere più generoso e a dimostrarsi una persona migliore di chi ha di più. Ci vorrebbero delle ore per approfondire questo discorso. Posso dire che “Squid Game” mi è davvero piaciuto per tanti motivi.
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