IDEATORE: Bryan Fuller, Alex Kurtzman
CAST: Sonequa Martin-Green, Doug Jones, Michelle Yeoh, Shazad Latif, Anthony Rapp, Mary Wiseman, Jason Isaacs, Wilson Cruz, Anson Mount, David Ajala.
Ve lo dico subito: sono una trekkie, ovvero sono una fan di Star Trek e sono andata anche ad un paio di convention in Italia. Detto questo però mi sento di aggiungere che cercherò di essere obiettiva a proposito di “Star Trek: Discovery”, serie tv che potete trovare su Netflix e che, nel momento in cui sto registrando è ormai alla sua terza stagione e che già sappiamo avrà un quarto ciclo di episodi.
Le vicende raccontate nella serie (almeno nella prima e nella seconda stagione) sono ambientate una decina di anni prima degli eventi della serie originale, che rimane la mia preferita in assoluto. La storia racconta le avventure della USS Discovery, una nave scientifica che sta testando un nuovo motore a spore grazie al quale può spostarsi ovunque in un batter d’occhio, azzerando le distanze. Nella prima stagione l’equipaggio prende parte al conflitto tra la Federazione Unita dei Pianeti e l’Impero Klingon, mentre nella seconda incontra il capitano Christopher Pike (quello che era al comando dell’Enterprise, prima che fosse sostituito dal mitico Capitano Kirk). Nel secondo ciclo di episodi si indaga su degli strani segnali ricevuti dalla Flotta Stellare. L’indagine coinvolgerà Spock a livello personale. Ma non voglio spoilerare! Alla fine della seconda stagione, la Discovery sarà costretta a viaggiare nel tempo fino al 32° secolo. Il terzo ciclo di episodi, quindi, è ambientato a più di 900 anni di distanza dagli eventi degli episodi precedenti.
Cosa ne penso? Beh… la messa in scena è davvero impressionante e credibile per un trekkie. Le divise, per esempio, sembrano un’evoluzione di quelle di “Star Trek: Enterprise”, la serie prequel con il capitano Archer. Gli equipaggiamenti che, quindi, sono antecedenti a quello che si vedono nella “serie classica” hanno comunque un aspetto futuristico. Nella seconda stagione vediamo anche l’Enterprise prima di Kirk, che nella storia è una nave nuova di pacca, e il lavoro fatto per rendere “futuribile” il vecchio look colorato (rispettato alla perfezione) è davvero encomiabile. “Star Trek: Discovery” è il regno del politically correct. Certo, la serie e l’universo di Star Trek ci piacciono anche per le battaglie sociali portate avanti attraverso le tematiche delle puntate. Qui però si rasenta l’agiografia, senza aggiungere nulla. L’elogio della diversità campeggia ovunque e a tutto tondo. E’ bello e ci piace… ma anche meno però: altrimenti sembra quasi svuotata di significato. La Discovery è la prima nave che, anche se solo dalla terza stagione, avrà un capitano alieno. Mentre nelle prime due stagioni si porta avanti una trama orizzonta e una verticale (come nella migliore delle tradizioni) e si trova il modo anche di inserire un’introspezione che approfondisce la complessità dei personaggi principali, nella terza la narrazione sembra appiattirsi da questo punto di vista. Nella seconda stagione, a dire la verità, la trama ad un certo punto si complica ad un tale punto che si rischia di non capirci più nulla se non si presta bene attenzione. Al contrario, la narrazione sembra appiattirsi nella terza. Ma vedremo… tutto è possibile: mancano ancora degli episodi alla conclusione e poi aspetteremo gli episodi del quarto ciclo. Per il momento, come direbbe Spock: vita lunga e prosperità, my friends!
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